La musica non è soltanto una successione di suoni, esteticamente valida: c’è dell’altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

di Francesco Blascovich

 

Musica e anima

 

Ascoltando musica e durante le lunghe lezioni alla scuola di flauto, in numerose occasioni, mi sono “commosso”, non so se sia più consono dire “emozionato” per esprimere quello che ho provato.
Ci sono infatti delle sequenze melodiche che, anche se ripetute, ogni volta rinnovano in me, le stesse sensazioni. In quei momenti mi è difficile rimanere concentrato su ciò che devo fare: sento la necessità di estraniarmi dalle incombenze contingenti per rincorrere i miei pensieri, i miei sogni, le mie malinconie. Ed è difficile celare questa condizione, soprattutto a me stesso.
Ad ogni brano per me significativo, corrisponde una reazione prima fisica, come rilassamento muscolare, alterazione del ritmo cardiaco e del respiro, nodo in gola e disinteresse per gli stimoli esterni che a poco a poco si trasforma in “emozione”, in “sentimento”: tutto questo sfocia poi in ricordi, nostalgie, rimpianti e capisco, in quel momento, che si mettono in risonanza delle frequenze interiori con la melodia che sto ascoltando.
Nella mia esperienza personale, lo stesso fenomeno accade con i profumi dei fiori: alcuni mi ricordano situazioni, episodi del passato che sono fissati nella mia mente in modo indelebile, altri non sono associati ad avvenimenti specifici, restano indefiniti, misteriosi, ma “sento” che fanno parte di una mia esperienza. Inspiegabilmente, per me, musica come profumo.
Tutti, forse con intensità e sensibilità diverse, si “emozionano” ed alcuni si esprimono con un generico: “E’ bello, mi piace”, altri manifestano ammirazione per un autore o per un brano, ma si sforzano anche di capire ciò che sottende a questo sussulto interiore che si scatena e che solleva qualche centimetro da terra. Qualcuno potrebbe ricondurre tutto ciò ad una semplice reazione chimica del cervello, ad una attivazione di sinapsi neurologiche, ad un allineamento di frequenze cerebrali: è vero, forse; ma non basta.
Mi vengono allora in mente i grandi “maestri” del passato, due in particolare: Platone e Nietzsche. Platone considerava la musica come arricchimento dell’animo e attribuiva ad essa, non solo una funzione estetica, ma anche un compito educativo, alla stessa stregua della matematica e la denominava addirittura “ filosofia suprema”, perché può esprimere ciò che le sole parole non possono significare, ed ancora, più profondamente, può diventare “medicina per l’anima”.
Così anche Nietzsche affermava, in un passato più recente, che “senza la musica la vita sarebbe un errore”, perchè è l’unica arte libera capace di mettere a nudo pienamente i sentimenti umani.
Se questi sono i presupposti, confermati da storia ed esperienza, la musica può diventare un vero e proprio rimedio quando esiste un disaccordo fra il corpo e la mente, che spesso identifichiamo con l’ “anima”, per tentare di ridare ordine e misura ad alcune funzioni che si sono sregolate nel tempo e, quando “emoziona”, può rivelare molto della personalità di ognuno: queste considerazioni sono la premessa alla felicità, come accordo di sentimenti ed aspirazioni e come crescita personale. L’arte delle Muse quindi può essere pensata come un aiuto per la continua ricerca della utopica felicità.
Noi cerchiamo la felicità, proviamo in tutti i modi di essere felici, ma siamo sicuri che, inconsciamente, non tendiamo a qualcos’altro o ne inseguiamo solo il fantasma?

Francesco Blascovich suona nel complesso di flauti Nuovo Mondo Ensemble